ARCHI – Premio SIA Ticino 2020, Atelier Stocker Lee

Il padiglione che Melanie Stocker e Dongjoon Lee hanno progettato ai margini di Rancate per ospitarvi il proprio studio professionale si afferma sul circostante per differenza, attraverso una propria regola compositiva e costruttiva.
Concepito come un volume autonomo, il piccolo fabbricato è caratterizzato da una copertura le cui falde si prolungano trasformandosi nel rivestimento delle facciate, interrotte prima di toccare il suolo dal sistema dei serramenti. Un corpo indipendente, semi affondato nel giardino che lo circonda e con la superficie increspata dalle scandole di Klinker che lo rivestono. Costruttivamente l’edificio è diviso tra una porzione basamentale in calcestruzzo armato a vista e una superiore in legno, separate da un nastro vetrato. Il piano di calpestio interno, ribassato rispetto a quello di campagna, fa sì che all’interno dell’edificio lo sguardo si soffermi sul prato vicino, che viene a trovarsi alla quota dei tavoli.
Nell’interrato trovano invece spazio i locali tecnici e quelli destinati alla modellistica, accessibili mediante una scala interna. L’unica finestra isolata del fabbricato è quella aperta sul prospetto nord, all’altezza dell’ufficio privato. Stocker Lee, nel novero dei premiati, sono i progettisti più giovani, ma anche quelli la cui sensibilità architettonica è maggiormente cosmopolita. Una distanza dal contesto ticinese che non è tanto anagrafica quanto culturale, ben leggibile nella scelta, legittima, di fare dello studio un manifesto del proprio stile. Il volume, che ricorda quello dei fienili nord americani, non passa infatti inosservato, comunicando la presenza di qualcosa di straordinario. Il tema della costruzione del proprio studio è una ricorrenza frequente lungo tutta la storia dell’architettura, e ha spesso rappresentato l’occasione per sperimentare soluzioni innovative, sia tecniche che estetiche. In questo caso, tuttavia, la sensazione di trovarsi davanti a un inedito è mitigata dall’appartenere del progetto a quel filone di astrazione contemporanea che ha trovato anche in Ticino numerosi adepti. Un limite, quello della mancanza di un’elaborazione teorica autonoma, che non diminuisce comunque la qualità della realizzazione, né la sensibilità che l’edificio mostra nel rapportarsi al contesto. Anche il modo con cui i progettisti affrontano il problema, certamente delicato, dell’introspezione in rapporto all’esigenza di godere della luce naturale è un segnale concreto delle loro capacità, e delle ragioni che sono alla base di questa segnalazione.

Premio SIA Ticino 2020 – Menzione
Studio di architettura, Rancate, 2016-2019
Stocker Lee Architetti
Commento della giuria

È un progetto particolarmente interessante in quanto originato dal deciso abbassamento interno della linea del suolo rispetto alla quota di campagna. Un atteggiamento che evidenzia l’interesse dei progettisti – in questo caso pure nel ruolo di committenti – nell’indagare il tema del contatto con il suolo dell’oggetto architettonico.
Il fabbricato destinato alla funzione di atelier, pur contraddistinto da un carattere forte e preciso, si inserisce nel contesto residenziale in modo discreto e delicato creando uno spazio interno dall’atmosfera molto suggestiva. La luce connota questo ambiente introverso, non privo di solennità sacrale, circoscrivendo i suoi confini, ma allo stesso tempo il volume definisce in maniera precisa anche lo spazio esterno – qualificato dal verde
circostante – che trova il modo di interagire positivamente con le costruzioni vicine.
L’involucro configurato come un grande tetto unitario ricoperto da elementi in laterizio di colore rosso brunito si stacca dal terreno attraverso una fascia vetrata continua che segna il perimetro del manufatto, separando il basamento dalla struttura lignea sovrastante tinteggiata di bianco; verso il cielo un lucernario incide un taglio di luce per tutta la lunghezza del colmo del tetto a due falde.
Vi è chiarezza compositiva e funzionale nel disegno della planimetria: il nucleo in calcestruzzo concentra la scala e i servizi lasciando completamente libero al piano terra la zona di lavoro dell’atelier.
L’uso raffinato dei materiali e della loro posa in opera rispecchia la soluzione strutturale concepita con economia e razionalità per avere un tempo rapido di esecuzione e di montaggio.
All’interno, l’effetto di forte materialità creato dal basamento si diluisce progressivamente verso l’immaterialità della luminosità interna.
Si tratta di un’architettura estremamente compiuta, sobria, enigmatica, di forte flessibilità anche per un’eventuale riconversione a scopo residenziale.

Come accennato in precedenza sono però i lavori di Buchner Bründler e Guidotti Architetti che, attraverso strategie diverse, traggono dalla lettura dei luoghi le indicazioni più interessanti e personali. Buchner Bründler intervengono su due fabbricati rurali a Mosogno Sotto, un piccolo nucleo contadino il cui recupero avviene in modo pragmatico e radicale, senza cancellare le tracce del lungo abbandono, né facendo ricorso al pittoresco come categoria estetica. I due architetti attraverso questo progetto affrontano con estremo realismo il tema, anche economico, del riuso suggerendo ai committenti di utilizzare il volume più grande solo nella stagione calda, e riducendo la superficie riscaldata all’indispensabile.
Un programma minimale – ma non minimalista – che fa ricorso a pochi, espressivi, elementi con l’acciaio e il calcestruzzo che si sostituiscono al legno e alla pietra originari. La trasformazione di un fabbricato in abbandono è un processo che dovrebbe sempre implicare la comprensione della sua vicenda storica, anche quando essa è una storia minore, di vita quotidiana. L’episodio di Mosogno Sotto, piuttosto crudo nel suo vocabolario, nasconde in realtà un autentico interesse per la natura dei fabbricati, che la qualità degli elaborati grafici, ma anche della relazione di progetto, sottolineano ulteriormente. Una manifestazione di sensibilità, ma anche di strategia, che ribadisce l’importanza degli interventi in ambiente rurale perché, attraverso l’intelligenza dei progettisti, aprono prospettive nuove in un ambito nel quale l’automatismo del tipico ha già da tempo denunciato i suoi limiti. I mutamenti della società mettono gli architetti davanti a un ingente patrimonio edilizio ancora da riutilizzare, ed è imprescindibile che i criteri d’intervento siano tali da non cancellare le tracce di un passato che rimane la sola chiave di comprensione del nostro presente.

Premio SIA Ticino 2020 – Menzione
Ristrutturazione casa rurale, Mosogno, 2014-2018
Buchner Bründler Architekten
Commento della giuria

La particolarità che ha catturato l’attenzione su questo progetto è soprattutto originata dal rigoroso percorso di indagine filologica rivolta alla storia, alla memoria e alla tradizione di questi luoghi semiabbandonati.
In questo caso la riflessione sul restauro mostra uno studio approfondito e quasi archeologico dell’intervento che si pone a metà tra autenticità e interpretazione contemporanea: un compromesso tra messa in sicurezza dell’esistente e ristrutturazione.
La soluzione si dimostra coerente e rigorosa, mirata e controllata, impegnata nel preservare e rivitalizzare un bene architettonico e culturale. La valorizzazione dell’intervento è basata dunque sul doppio merito di tutelare un’architettura vernacolare tradizionale, dotandola al contempo di nuova funzionalità. Si evidenzia lo scopo di darle dignità ridefinendo il suo posto nel contesto.
È molto interessante rilevare la volontà di recupero anche minimale – con risorse economiche limitate – come riscatto di uno stile di vita. Va riconosciuto agli architetti la determinazione nell’aver convinto i committenti a intraprendere – per un manufatto in stato di degrado – un lavoro così delicato, che lascia ancora margine per altre operazioni in futuro. In questo senso si tratta di un intervento esemplare, con l’intrinseco potenziale di fare scuola per una moltitudine di condizioni e contesti paragonabili.

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